Confesso: quando mi hanno detto che era necessario andare in Albania la prima cosa che ho pensato è stata: “Noooooooo!!!!”. E dico “confesso” perchè, adesso che sono ritornato da un rapido blitz di tre giorni a Tirana, posso dire che è stato un viaggio ricco di sorprese. E tutte in positivo.
L’Albania che ho visto io è un paese che, pur pieno di problemi e in cui la maggioranza della popolazione magari non sta “bene” (almeno secondo i nostri canoni), è vivo e pulsante, ed ha una gran voglia di crescere. La gente è entusiasta, ha voglia di fare e di allinearsi agli standard che vede arrivare dall’estero. Che sono poi, in larga parte, quelli italiani, visto che qui arrivano tutte le nostre televisioni e il 70% della popolazione parla italiano ad un livello che va dal “farsi capire” al “indistinguibile da un italiano” – come è capitato a me.
L’arrivo a Tirana è già un segnale forte: l’aeroporto – nuovo di 6 mesi – è al ivello di molti aeroporti italiani ed internazionali, nonchè migliore di parecchi. La strada dall’aeroporto a Tirana, in un paesaggio brullo e senza molto movimento, è costellata da enormi cartelloni pubblicitari di banche e compagnie telefoniche, molti in inglese. Entrati nella periferia di Tirana ti rendi conto che non è tutto rose e fiori: ai lati della strada (nuova) molta polvere, molti lavaggi per auto, e molti banchetti che vendono di tutto, dalla frutta e verduura, agli animali vivi, a campionari completi di cerchi in lega per auto. Poi, man mano che ti addentri nella città, il paesaggio cambia, e spunta perfino un nuovissimo centro commerciale dedicato solo a prodotti ed esercenti italiani; se fosse preso di peso e trasportato in una qualsiasi città italiana non sfigurerebbe di sicuro.
Inizia il traffico, regolato da vigili quasi ad ogni incrocio, ma non caotico, solo forse un po’ confuso, come in tutte le città: mi dicono che lì il semaforo rosso sia un po’ un’opinione, e sorrido. Ci sono auto di tutti i tipi, dalle utilitarie scassate ai SUV, ma noto una predominanza di Mercedes, molte di modelli vecchi, specialmente i taxi. Iniziano i negozi, ed il paesaggio si fa sempre più simile a quello di una città “normale”.
Il centro di Tirana è molto simile, per certi versi, a Roma. Il modello urbanistico, del resto, era stato pensato ed imposto da Mussolini all’epoca dell’invasione, e i palazzi in stile veneziano, i viali ampi e le grandi piazze danno in effetti una sensazione di già visto quasi familiare. La visuale d’insieme non è niente male. Certo, poi ci sono i buchi per strada…
L’albergo è ottimo ma, si sa, i mega alberghi si trovano dappertutto, e non sono quelli a dare il metro di paragone. Però accidenti se ci si ci si sta bene… La gente è cordiale, aperta, ospitale. Girando per la strada si respira una sensazione di vitalità, non la rassegnazione che ti saresti potuto aspettare in un paese come l’Albania. O, meglio, come l’immagine che dall’Italia hai dell’Albania. Ci sono negozi, ristoranti anche di ottimo livello, pizzerie con forno a legna. Una sera ci siamo perfino imbucati ad una festa in una discoteca con tanto di complessino live, dj, laser, musica non male, cubiste con body painting e una discreta quantità di gnocca…
Poi, girando per la città, ti portano in zone diverse, e allora satano fuori i contrasti. Il quartiere studentesco è pieno di giovani assolutamente indistinguibili dai ragazzi italiani: vestiti casual, con i loro zaini, i loro sorrisi, i loro gruppetti; ma è fatto di case vecchie, scrostate, con i banchi di verdura al lato della strada sopra il fango ed i cassonetti della spazatura accanto. E allora l’impressione complessiva è difficile da ottenere, cambia a seconda che tu guardi il paesaggio o la gente, e resti con la sensazione di non aver capito tutto. Forse, come primo approccio, è già qualcosa.